Questo sono io

Nasco a Roma il 5 gennaio 1951, figlio del grande Vittorio e dell’attrice Maria Mercader.

Quello stesso giorno, mio padre rimane a Milano: sta girando la meravigliosa scena finale del film Miracolo a Milano (Palma d’oro a Cannes), quella dei poveri che volano cantando verso il cielo, in sella alle loro scope. Sono sposato con Silvia Verdone e ho due figli, Mariarosa e Brando.

Christian De Sica è tra i più famosi e popolari personaggi di spettacolo italiani, grazie alla sua carriera professionale, al suo evidente talento multiforme (è showman, attore, cantante, regista, sceneggiatore), alla popolarità e successo commerciale della quasi totalità dei suoi film, serie televisive, spettacoli teatrali.

Attore brillante quasi totalmente immerso in ruoli comici, Christian De Sica interpreta i suoi personaggi da serissimo professionista – cura e attenzione ai particolari caratterizzano tutti i suoi personaggi – ed è diventato indispensabile nel panorama cinematografico di casa nostra, con risultati sempre coerenti alle alte aspettative di successo di pubblico.

“Sono un saltimbanco, mi sento un attore: Mi sento uno showman. Un commediante. Uno che canta, recita, balla. Quando si fa questo mestiere, si dovrebbe saper fare tutto. […] Un po’ anche mio padre era così, la scuola è quella. Poi certo, c’è chi gli riesce meglio e chi gli riesce peggio”

Christian De Sica, Figlio di papà, Mondadori 2008.

Primi passi

Figlio del premio Oscar Vittorio De Sica e dell’attrice Maria Mercader, dopo la maturità classica va in Venezuela a lavorare in un albergo: qui muove i primi passi da showman.

“Presa la maturità, bei voti, media dell’otto. Voglio fare il viaggio iniziatico, quello esistenziale, picaresco e godereccio, quello che sancisce la fine della scuola e dell’adolescenza. Destinazione Sudamerica, Caracas. […] Andavo da una ragazza venezuelana, figlia di un presentatore televisivo, con la speranza di cominciare a fare l’attore. […] Dopo i primi tempi disastrosi da cameriere, subito un’audizione e nel giro di poche settimane avevo firmato un ricco contratto della durata di cinque anni e cantavo alla televisione”. (Cit.)

Tornato a Roma, si iscrive nel 1970 all’università La Sapienza, senza però terminare gli studi presso la facoltà di Lettere.

“Ho dato sette esami, a Lettere, per fare contento mio padre. Lui voleva che io facessi l’università… Voleva che io diventassi un intellettuale”

(Cit.)Inizialmente attratto dalla musica, nel 1973 partecipa al Festival di Sanremo cantando Mondo mio.

“Mio padre non volle venire, per non offuscare con la sua il momento della mia piccola notorietà, su quel palco prestigioso. Stava invece all’Hotel de Paris a Montecarlo dove poteva giocare, e seguire la serata alla radio insieme a mia madre”

Il debutto

Il suo debutto è targato Rossellini, che nel 1970 gli offre una piccola parte nel suo film televisivo Vita di Blaise Pascal, ma l’esordio sul grande schermo è nel 1968 con la pellicola francese Pauline 1880, di Jean-Luis Bertuccelli. Dopo l’esperimento canoro al Festival di Sanremo, Christian decide di dedicarsi totalmente alla recitazione. Compare così in Una breve vacanza (1972) – diretto dal padre – accanto a Renato Salvatori e Florinda Bolkan, seguito da La cugina, di Aldo Lado (1974), Conviene far bene l’amore, di Pasquale Festa Campanile (1975), La madama, di Duccio Tessari (1975), Bordella, di Pupi Avati (1976), buffa commedia su una casa chiusa maschile, con Gigi Proietti. Vince, nel 1977, il David di Donatello come “Rivelazione dell’anno” per Giovannino di Paolo Nuzzi, con Tina Aumont, Miguel Bosè e Jenny Tamburi (interpreta il rampollo di una famiglia borghese siciliana che, costretto dal padre, deve sposare una ricchissima nobile, brutta e storpia).

“Ricordo che quell’anno a Taormina, per i David, c’erano perfino Rita Hayworth e Jack Nicholson”

(Cit.)Ottiene i primi successi di pubblico come comico e conduttore televisivo in alcuni varietà RAI di fine anni settanta, tra cui Bambole, non c’è una lira (1978) e Studio 80 (1979). Entrambi con la regia di Antonello Falqui.

“Avevo ventitré anni, era morto papà, non avevo un soldo. S’era giocato tutto ai tavoli verdi dei casinò. Ho fatto il Varietà. E mi è andata bene perché ho cominciato con un maestro: Antonello Falqui. Poi ho fatto il comico. E mi sono inventato comico. Perché io avevo un fisico borghese. Ero grasso, ero figlio di papà, ero anche un pochino aristocratico. Col naso alla Gassman. Profilo altero. Naso antipatico”

Gli  anni Ottanta

Gli anni Ottanta sono dedicati interamente alla commedia. Dopo alcune apparizioni in pellicole come An almost perfect love di Michael Ritchie, Liquirizia (1979), Un amore in prima classe (1980) e Casta e pura (1980), di Salvatore Samperi, Borotalco (1982), di Carlo Verdone, Viuulentemente…mia, arriva Sapore di mare (1982) di Carlo Vanzina.

“Per me questo è il migliore dei film vanziniani”, è l’opinione di Walter Veltroni. “Che hanno almeno il merito di avere creato un «genere». E questa storia piena di piccola nostalgia, sparsa tra la sabbia e le «capannine» di Forte dei Marmi, conosce dei momenti di autentico divertimento. E, perché negarlo, queste due ore di film riescono a restituire il profumo e i sapori di quegli anni straordinari” (mymovies.com)

L’anno successivo è fra i protagonisti dell’archetipo dei “cinepanettoni” italiani:  Vacanze di Natale (1983) sempre di Carlo Vanzina, con Jerry Calà, Stefania Sandrelli, Moana Pozzi, Riccardo Garrone e Claudio Amendola. Seguono, sempre per la regia di Vanzina: Vacanze in America (1984), Yuppies – I giovani di successo (1986),  Montecarlo Gran Casinò (1987), A spasso nel tempo (1996) e il suo sequel, l’anno seguente. Sempre firmato Vanzina è Vacanze di Natale 2000 (1999). Christian è diretto in altrettanti cinepanettoni anche da altri registi. Fra questi spiccano Neri Parenti – con il quale aveva cominciato a collaborare già dai tempi di I pompieri (1985) – e Enrico Oldoini.

In queste pellicole, tutte prodotte da Aurelio De Laurentiis, due presenze fisse: Christian nel ruolo del marito infedele, borghese romano antipatico, prepotente, sopraffattore, e il comico Massimo Boldi nel ruolo del milanese ingenuo e maldestro.“Al cinema, nei film di Natale, non sono io. È un italiano, medio, vigliacco, fedifrago, prepotente, opportunista. Che interpreto. Rendo credibile, sia pur in maniera comica e farsesca. E lo prendo per il culo. Non è sempre lo stesso personaggio, è una maschera. Io ho un fisico borghese e recito la parte del borghese: non posso certo fare il piccolo scassinatore o l’appuntato dei carabinieri. Sono piuttosto un dentista, un architetto, un esponente del ‘generone’. E da vecchio, lo so già, sarò un principe del foro, un generale, un cardinale, un aristocratico. Com’è successo a mio padre”  (cit.)

De Sica e Boldi instaurano un fortunato sodalizio artistico durato ben quindici anni, che li vede, anno dopo anno, campioni ufficiali del box-office italiano, tanto da ricevere nel 2000 un David Speciale “per la puntualità nel presentare pellicole di successo a ogni Natale”, oltre all’ormai annuale Biglietto d’Oro. La loro unione termina nel 2005, quando Boldi decide di abbandonare casa De Laurentiis. Dopo Boldi, partner di Christian è per qualche film Massimo Ghini, che lo affianca in Natale a Miami, Natale a New York, Natale a Rio, Natale a Beverly Hills e Natale in Sudafrica.

Sono film popolari, benedetti da un costante strepitoso successo al botteghino, ma evitati dalla critica ufficiale, che conia il termine “cinepanettone” con intenti spregiativi. Cinepanettone è diventato in realtà la definizione di un genere, e ha perso nel tempo la connotazione decisamente negativa. Alcuni critici lodano invece la lente del grottesco, che mette almeno al riparo da intenti auto assolutori.“Il panettone è il mio dolce preferito. Mi piacciono anche le uvette e i canditi, mi piace davvero, mi procura allegria il solo vederlo. Quindi non ho assolutamente niente contro questa definizione che non mi sembra negativa.

Ma una cosa è certa, che il cinepanettone lo abbiamo inventato noi e ciò è attestato anche dallo Zanichelli che lo ha inserito nel vocabolario della lingua italiana: la potenza del cinema!”

(cit.)cinepanettóne

[comp. di cine- e panettone, come simbolo del Natale ☼ 1998, s.m.]

  • Nel linguaggio giornalistico, film di facile comicità che si proietta nelle sale durante le feste natalizie

(Zanichelli)

Altri film

De Sica torna a lavorare con Pupi Avati ne Il figlio più piccolo (2009), interpretando, dopo molto tempo, un ruolo drammatico al fianco di Laura Morante e Luca Zingaretti.

Per lui, sempre nel 2010, anche una parte in The Tourist, opera seconda del premio Oscar Florian Henckel von Donnersmarck. Nello stesso anno, con Neri Parenti, gira Amici miei – Come tutto ebbe inizio e Natale in Sudafrica; l’anno dopo, sempre con Parenti, l’ennesimo Vacanze di Natale a Cortina.

Nel 2011 è diretto da Carlo Vanzina in Buona giornata, commedia a episodi che mostra vizi e virtù del nostro bel paese, nella quale divide la scena con il meglio della comicità italiana. Nel 2012 gira con Alessandro Siani Il principe abusivo e, con Neri Parenti, Colpi di fulmine.

In TV alla regia, in teatro

Attivo anche nella fiction televisiva, è protagonista della prima e della seconda serie de Lo zio d’America (2002 e 2006) di Rossella Izzo, seguito da Attenti a quei tre (2004), dove recita accanto al figlio Brando.

Christian De Sica è anche regista, prima per la pubblicità (Fiat e Telepiù) e poi per il grande schermo dirigendo Nadia Rinaldi in Faccione (1990), storia di una bugiarda cronica. Seguiranno le commedie: Il conte Max(1991), remake dell’omonima pellicola che vedeva come protagonista Alberto Sordi e suo padre; Ricky e Barabba (1992), Uomini uomini uomini(1995), Tre (1996), Simpatici & antipatici (1998) e The Clan (2004).

Nelle stagioni teatrali 2000 e 2002, porta in scena il musical Un americano a Parigi – Tributo a George Gershwin; nel 2007 e 2008, Parlami di me(scritto da Maurizio Costanzo e Enrico Vaime) poi diventato film con la regia del figlio Brando. “A teatro in Parlami di Me il protagonista è Christian, è lui che parla. Al cinema nei film di Natale non sono io. È un italiano medio, vigliacco, fedifrago, prepotente, opportunista. Che interpreto. […]

All’inizio del mio spettacolo Parlami di Me canto proprio quella canzone di Lelio Luttazzi Canto anche se sono stonato. Ho fatto esattamente quello che ho sognato, vedendo papà: guarda che meraviglia, chissà se un giorno riesco a farlo pure io. Lo guardavo sognando come uno spettatore, come una moglie può guardare il marito che trionfa. Come un figlio. Il suo”

(cit.)